la nostra storia
chi siamo
Direttivo Associazione Liberamente Insieme
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Presidente
PETRONE GIANPIETRO -
Vicepresidente
ALBANESE ANTONELLA -
Vicepresidente
PETRARCA ROSSANA -
Tesoriere
FAZIOLI DOMENICO -
Segretario
CALABRESE MARISA
Associazione per la Salute Mentale
Liberamente Insieme
La nostra Associazione è sorta nel Novembre 2007.
E’ costituita da persone sensibili alle tematiche della salute mentale.
Il sapere esperenziale di utenti e familiari concorre ai percorsi di recovery unitamente agli esperti.
Partecipiamo ai tavoli Istituzionali.
Ci attiviamo per eventi e convegni, attività ludiche, visione di film, gite culturali e ambientaliste, riunioni settimanali ed attività di empowerment.
Realizzazione di progetti con fondi pubblici e privati.
Lotta al pregiudizio
Cultura dell’accoglienza
Vigilare sui diritti delle persone con problematiche psichiatriche
Promuovere le politiche del fare assieme
Promuovere l’inclusione sociale
lettera aperta dell’associazione liberamente insieme
sul pregiudizio in psichiatria
Con questa lettera, l’Associazione liberamente Insieme vuole chiarire la propria posizione ed il proprio pensiero in relazione al pregiudizio sulle persone che hanno una malattia mentale. Tutti sappiamo che prima della istituzione del Manicomio, avvenuta nell’800 per mezzo di Philippe Pinel, vi è stata nel corso dei secoli una varietà di interpretazioni sulla malattia mentale. Una spiegazione organica della malattia esisteva già a partire dal 200 d.c. con Galeno; la malattia mentale era causata da squilibri umorali. Poi nel corso dei secoli vi è stata una interpretazione superstiziosa e magica, tanto da indurre a curare le persone malate con filtri, amuleti o formule magiche. Vi è stata, poi, una interpretazione religiosa cui derivavano due soluzioni possibili: una, che vedeva il malato come posseduto dal demonio e quindi passibile di durissime penitenze, di torture o addirittura di morte, basti pensare a quante persone venivano bruciate vive sui roghi, l’altra che vedeva il malato sempre posseduto dal maligno,ma bisognoso di preghiere di esorcismi e di comprensione.
Nel rinascimento vi è anche un movimento poetico che vedeva il folle, come persona stravagante e portatore di verità assolute che si opponevano all’ipocrisia della società del tempo; al contempo vi era anche l’esigenza di tenere lontano queste persone dalle città e dai villaggi anche imbarcandoli sulle navi e lasciandoli al proprio destino alimentando le varie leggende sulle navi dei folli. Nel periodo antecedente alla istituzione dei manicomi vi era l’usanza di rinchiudere in centri di contenzione tutte quelle persone che erano considerate pericolose e di pubblico scandalo. Questi centri di segregazione erano dei contenitori che ospitavano assassini, ubriaconi, libertini e malati di mente ed avevano la duplice funzione di contenzione e di rieducazione. Con la costituzione del manicomio le persone con una malattia mentale vengono separate da quelle altre figure che erano presenti nei centri di segregazione.
Quando parliamo di pregiudizio il corso degli eventi che vedeva accomunati i malati di mente con assassini, ubriaconi e ribelli, riflette ancora oggi uno stereotipo che pensa al malato di mente come ad un assassino, ad un ubriacone o ad un ribelle. Il manicomio che in Italia è stato istituito con la legge n° 36 del 14 febbraio1904, nonostante è sentito, oggi, da tutti come qualcosa di negativo, in vero era una prima conquista perché si riconosceva la persona come una persona che ha una malattia mentale e che, quindi, andava separata da persone con altre caratteristiche socialmente negative. Restava, comunque un luogo di reclusione coatta ed era sottoposta a regime di polizia. Nel 1968, con la legge n° 431, si sono istituiti sul territorio centri per l’igiene mentale e, quindi, vi è un approccio alla Psichiatria del territorio, inoltre era previsto il ricovero volontario e l’abolizione del casellario giudiziario. Nel 1978 con la legge 180, finalmente si sancisce la chiusura dei manicomi e si comincia nei vari dipartimenti di salute mentale a lavorare per dare alle persone con una malattia mentale dignità di vita, un buon funzionamento sociale e l’opportunità di esprimersi liberamente.
Bene, cosa allora oggi si intende per stigma o pregiudizio nei riguardi delle persone con una malattia mentale. Da come si evince dal percorso storico, oggi, il pregiudizio di pericolosità rimane nei riguardi delle persone con una patologia psichiatrica ed in ambito sociale ciò rappresenta una discriminante che in ambito lavorativo può impedire una collocazione in contesti normali per queste persone. Riteniamo che non vi è una relazione stretta tra malattia mentale e pericolosità sociale; una persona con una malattia mentale può essere pericolosa soltanto quando è abbandonata a se stessa, perché l’isolamento e la mancanza di cure, favoriscono un abbrutimento della persona. Nei casi in cui una persona ricorre alle cure, la malattia mentale è considerata una malattia come le altre. E’ bene comprendere che la causa di delitti efferati o di atti di violenza non è la malattia mentale, ma sono le condizioni ambientale e culturali che la determinano. Se una persona sana o con una patologia psichiatrica ha la cultura della vita come bene prezioso, della non violenza, della pace come bene fondamentale, della solidarietà e della fratellanza, ebbene, questa persona difficilmente può far del male al prossimo.
Viceversa se una persona, sana o con una patologia psichiatrica, ha la cultura della violenza e della sopraffazione e non dà alcun valore alla vita, ebbene, questa persona è potenzialmente predisposta a ferire il prossimo. Quindi il pregiudizio di pericolosità sociale nei confronti di persone con una malattia mentale è puramente infondato. Ciò che, invece, è fondamentale, è far comprendere come sia necessario divulgare presso i giovani ed anche presso i meno giovani i valori fondamentali che sono alla base di una società civile. Spesso quando accadono episodi delittuosi causati da persone con problemi mentali se né attribuisce, a priori, la causa alla malattia, ma non sempre è vero e se la causa può essere imputata alla malattia, bisognerebbe indagare se questa persona prendeva regolarmente i farmaci ed era monitorata dai servizi Psichiatrici. Ciò che è evidente è che la percentuale dei delitti causati da persone con una patologia psichiatrica è del 5%, mentre il restante 95% è causato da persone “normali”.
Spesso accade che quando succede un episodio delittuoso causato da una persona con problemi psichiatrici, si dà grande rilievo medianico all’accaduto e sembra che tutto il male che è presente nella nostra società, come gli omicidi, le ragazzine che si prostituiscono, i branchi violenti, il femminicidio, la pedofilia, l’alcolismo e le droghe, si riversi tutto addosso alle persone che sono in cura per problemi di salute mentale ed, in questi casi, il sentimento che ci pervade è quello che si utilizza l’accaduto come fosse il capro espiatorio attraverso cui la società purifica la propria coscienza. Altro atteggiamento deviante, che ha rilevanza sull’immaginario collettivo a discapito delle persone con patologia psichiatrica e che sono in cura, è quello che vede persone che commettono delitti, trovare scappatoie legali per avere condanne meno dure; così le varie perizie psichiatriche acquistano significato di giustificazione del delitto commesso a discapito, molto spesso, della verità. E’ troppo superficiale imputare la colpa alla “malattia mentale”, quando la Società non promuove i valori fondamentali per i quali lottare e con i quali vivere.
Tutto ciò poi si riflette anche nel momento in cui una persona con una malattia mentale ha bisogno di lavorare per il raggiungimento della propria autonomia al fine di non gravare ulteriormente sulla propria famiglia e sulla collettività. A tal proposito, poi, riteniamo che l’atteggiamento di molti imprenditori che preferiscono pagare le more anziché assumere persone con problemi psichiatrici, sia un atteggiamento che, al dì là, delle conseguenze di tipo organizzativo e produttivo, denota una cattiveria di fondo. Non crediamo affatto che là dove vi siano lavoratori abili in un sistema produttivo se ne viene inserito uno con problemi psichiatrici che non ha criticità in atto, ci sarebbero, poi, problemi di ordine organizzativo e produttivo. Ed in ogni caso far lavorare una persona malata, che la natura ha già penalizzato, dovrebbe suscitare un senso di solidarietà e di amore; quasi sempre questo non accade e tutto ciò è, crediamo, pura cattiveria. Noi che conosciamo personalmente i bisogni delle persone che hanno una malattia mentale e che sappiamo che sono persone più fragili, possiamo assicurare che la loro presunta pericolosità è soltanto presente nella fantasia popolare e che rielaborata diventa pregiudizio, che a volte viene alimentato da episodi di cronaca , ma si tratta di persone di grande sensibilità e di grande docilità.
Persone a cui il mondo del lavoro dovrebbe offrire più possibilità, fosse solo per il fatto di alleviare tutta la sofferenza che hanno vissuto o che ancora sperimentano; con il lavoro si acquisisce la dignità ed attraverso l’impegno quotidiano si riesce a star meglio in salute, perché ci si sente parte attiva della società e non più rilegati ad i suoi margini. Bisogna comprendere che la Salute Mentale riguarda tutti e che alla base della stessa ci sono valori e regole, da tutti condivisi, che sono i cardini di una società Civile ed Evoluta. Le espressioni del male sono da individuare negli ambiti culturali ed ambientali e non da imputare alla malattia sia essa anche malattia mentale. E’ fondamentale il ruolo della scuola nel far comprendere ai nostri ragazzi che la vita e, quindi, la salute è un bene indispensabile che bisogna salvaguardare, che la solidarietà e la fratellanza ci rende uniti e più forti, che i pregiudizi possono essere superati semplicemente impegnandosi a saperne di più, che la pace prima ancora di essere nel mondo deve essere la nostra esperienza di vita quotidiana.